Vi ricordate di Vicenza com'era 60 anni fa?
Con l'avanzare dell'età, affiorano ricordi di un mondo passato, di una città che non esiste più. Le vie sono le stesse, i luoghi no, le persone no, l'anima della città non è più la stessa!
60 anni fa ero piccolo, più che i ricordi di mio padre e di mia madre, i ricordi della città sono legati ai nonni. Abitavano al n. 7 di Stradella Piancoli, nel cuore storico di Vicenza popolare, il quartiere Barche.
Il nonno, dipendente dell'Arsenale, quando arrivavamo noi a trovarli, non c'era mai. Dovevi ogni volta cercarlo nelle varie osterie di Vicenza, dove c'era la movida di allora. Va ben, ovvio, i vecchi si ritrovano al bar, a chiacchierare, scherzare... vecchi? Ma mio nonno, nel '60, aveva 49 anni! Andava in giro a suonare il contrabbasso nell'orchestra con Bepi ociai che, suonava la batteria nonostante fosse cieco, il fratello di Bepi, Nini steca e altri, Tutti soprannomi ovviamente, quello di mio nonno era Gildo nota segreta, dovuto alla dubbia preparazione musicale, ma non sono riferibili le frasi da lui pronunciate quando veniva chiamato così.
Ma per trovare il nonno dovevi cominciare un tour, che ora riproporrò, con unico scopo mettere giù dei ricordi di luoghi che non esistono più o sono cambiati di molto. Questo tour era lo stesso che, a comando della sua padrona Eugenia, Dok, pastore tedesco dei custodi del cinema Astra, compiva per rintracciare il padrone Mario e riportarlo a casa, prima che cadesse in canale per la "simia" che aveva addosso.
Si iniziava dall'attuale Bar Astra, che allora si chiamava Barcaro, all'intersezione tra Stradella Piancoli e Contrà Barche, scarse le probabilità di trovarlo lì, non era luogo frequentato dai suoi amici. Per un periodo è stato il bar dei genitori di Giuliano de Giuliano e i Notturni, che nel '68 incisero il ballo di Simone. Di quegli anni il ricordo spassoso che, essendo il bar frequentato da donne di indubbia poca qualità morale, e noi essendoci trasferiti quasi sopra, d'accordo con tutte le altre famiglie, ci fu un bombardamento, a base di polenta avanzata, su dette donne e i loro accompagnatori che, dopo mezzanotte, continuavano imperterriti a causare rumori molesti. Il quartiere aveva reagito e dopo una convocazione in questura, di bombardate e bombardieri, le signore si ritirarono verso altri lidi.
La tappa, o meglio capitello successivo, il bar all'Abbondanza che, all'epoca era un locale molto grande, all'angolo destro, vale a dire a quello opposto di dove si trova oggi, tra Contrà Barche e Contrà Cabianca, dove oggi ci sono gli uffici della CISL. Si entrava da via Cabianca scendendo due gradini. C'era il biliardo e un'altra sala con tavolini per bere e giocare a carte. Un giorno entrai e non ricordo per quale motivo, ordinai un Gingerino che qualche volta bevevo con mio papà. Il barista mi disse che aveva solo Campari, io dissi che andava bene e questo senza dirmi nulla, me lo versa! Ho fatto fatica ritornare dalla nonna! Adesso, un barista così, finirebbe in galera! Un'altra volta, per la festa della mamma, comperai un cuore di cioccolato grande, dando fondo ai miei risparmi. Quando la mamma lo aprì, lo trovò praticamente tutto bianco per l'affioramento del burro di cacao causato dal calore, chissà da quanti anni era in quel bar e regolarmente veniva tirato fuori alla festa della mamma. Per fortuna mia mamma non è una che si perde in un bicchier d'acqua. Saputo dove l'avevo preso, glielo porta come reso ma, non mi ricordo se fu sostituito con un altro cuore o qualcosa di diverso!
"Al 35" era da saltare, perchè teoricamente il nonno non lo frequentava, e se per caso fosse dentro, sarebbe stato meglio che io non entrassi in ogni caso. Origliavo storie, raccontate a bassa voce, sulle frequentatrici del bar di contrà San Faustino, ma non mi erano molto chiare quelle storie lì cosa significassero, non capivo cosa potessero avere delle donne che frequentavano dei bar di così interessante. Un episodio riguarda anche il mio bisnonno: era ciabattino e lavorava in casa. Quando aveva finito un lavoro, se era preso dalla voglia di una "tasseta" (in centro a Vicenza più che la parola ombra, era usata la parola tasseta), portava le scarpe al 35, praticamente in pegno e si prendeva da bere. Il cliente, quando andava a ritirare le scarpe, veniva deviato verso il bar e pagava il lavoro al barista! Altro che carta di credito, bancomat, paypal,!
Proseguendo verso il centro, nella testata tra Contrà Piancoli e Vicolo cieco Retrone, c'era la Supy, altro locale malfamato, non entravo mai, potevo vedere dall'esterno se c'era mio nonno, ma non c'era mai, e tiravo un sospiro di sollievo, quel posto mi metteva soggezione. Negli anni 60, anche qualche omicidio. Famosa la frase di Maria Oco, dopo l'omicidio del Montenegrino da parte di Gedeone: nella mia vita ho pianto solo due volte, quando l'è morto e la prima volta che "lo go ciapà".
Photo 3 - Gildo to the Abbondanza bar
Finalmente, proseguendo oltre contrà Piancoli, arrivavo al familiare e accogliente, anche se enorme antro, al Cantinon. Una serie di finestroni enormi con le grate a rombo, che danno su Contrà San Paolo, due porte di ingresso. Un bancone enorme scuro sulla parete di destra, marito e moglie che ti servivano e quando arrivavo, io mi facevano festa. Ma l'attrazione di quel luogo era il loro cane, Pucci, goloso di biscotti, che nel locale, dopo le tassete, era la cosa più venduta. Era un cagnolino bianco a pelo lungo, chissà quale razza, una volta erano cani e basta. A Pucci mostravi il biscotto e gli dicevi, se lo vuoi devi dirmi una preghiera. Lui saliva sopra la sedia del bar, di quelle con seduta e schienale rotondi con braccioli, si metteva sulle due zampe posteriori, congiungeva quelle anteriori e le faceva andare su e giù tenendole giunte, sempre con la linguetta rossa di fuori. Era la preghiera per la quale veniva ricompensato con il biscotto. Era l'unico cane di cui non avevo paura. Sopra al Cantinon c'era un merlo indiano, che chissà quanti anni potesse avere allora, nessuno l'aveva ancora abbattuto nonostante, per tutto il giorno, fischiasse Giovinezza e Faccetta nera.
Al Cantinon, spesso avvenivano le performance da ultimo capitello del nonno. Si avvolgeva un asciugamano attorno alla testa a mo' di turbante e si schiacciava 10 lire in fronte. Gildo "el moro", era un maraja perfetto, con la sua carnagione scura, e i baffetti. Adesso che conosciamo la derivazione del cognome, che in veneto stava ad indicare persone provenienti dall'Ungheria, vi si possono denotare lineamenti da nomade della Puzta ungherese, anche se in 1000 anni, di sangue ne è stato rimescolato un bel po'! Qualche volta, una buona interpretazione era anche quella dell'arabo, ma qui siamo più verso la guerra dei 6 giorni tra Israele ed Egitto del 67.
Se non era ancora giunto al Cantinon, c'erano altri locali da provare, Il Grottino, sotto la Basilica dei Signori verso piazza delle Erbe, forse quello che, probabilmente per motivi di vincoli, si è conservato meglio di tutti. Il Bersagliere in Contrà Pescaria, e il bar Pigafetta, in fronte alla casa del Pigafetta. Questo era un must soprattutto per i giovani dell'epoca. Bocconsini e tassete e qualche partita a carte. Qui oltre ai vecchi di 50 anni potevi trovare anche i giovani che uscivano dal lavoro, come mio papà e mio zio Giorgio. Era un locale più "alla moda", che cominciava ad offrire qualcosa di diverso alla sola tasseta.
Si proseguiva per " Al Ciampo" (Vini al Chiampo), tavolato in legno, tre tavoli, bancone in fondo. Il ricordo a questo bar è legato alla nascita di mia sorella. Era sabato e papà mi portò in piazza con lui, non so se fosse già nata o lo stesse. Sta di fatto che, mio papà mi comperò un pacchettino di cracker Doria, di quelli solo a metà, e finchè lo mangiavo, gli amici di mio papà mi chiesero come mai non ci fosse anche la mamma. Io risposi che era andata all'ospedale per comperare un fratellino. Tutti rimasero basiti. Vi chiederete cosa ci fosse di tanto strano in una risposta del genere. Di strano c'era che nessuno ti diceva quello che succedeva in famiglia, tu non sapevi che tua madre sarebbe andata all'ospedale per partorire, troppo pudore! Ma tu eri solo piccolo, no stupido e avevi capito tutto!
Ultimo posto che potevo controllare da solo, era la Bella Vicenza in contrà Proti, ora trasformata in pizzeria. Una volta i bambini giravano da soli per strada, e i pericoli non erano diversi da quelli di adesso, se non di più. C'erano quelli con gli impermeabili, c'era chi distribuiva caramelle, le macchine circolavano in centro e ce n'erano molte più di adesso e a doppio senso di marcia. Siamo ancora qui, e ci siamo preoccupati di non far andare da soli per strada i figli e facciamo di tutto perchè i nipoti siano sempre ben controllati.
Cara Vicenza, come sei cambiata, sei ancora genuina? Tutto si trasforma seguendo i tempi che si vivono, giusto ma, un po' di sana nostalgia non guasta.
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