Camere d'aria 2020 pt. 8 Levanto


Oggi è il giorno della tappa più dura, tante salite e in particolare il Passo del Bracco. Mi sveglio alle 5:10 e capisco subito che è inutile che io tenti di riprendere sonno, quando mi sveglio, non riesco più, se sono via da casa, riprendere sonno. Pertanto mi alzo e decido di andare a vedere l'alba. Arrivo in tempo sulla spiaggia con i tempi previsti dell'alba, ma la Rapallo a est ha una collina e il sole non si vede sorgere. Decido così di fare una passeggiata, visto che non dovrò fare fatica oggi, e camminando e fotografando, faccio più di 2 km arrivando fino a San Michele in Pagana, dove avevo mangiato ieri. È veramente un borgo molto caratteristico, piccolo e all'apparenza meno sfarzoso di altri. Ritorno in tempo per la colazione, in quanto nell' hotel Astoria, dove sono stato stupendamente, dividono le colazioni in tre turni, in modo da avere distanziamento fra i tavoli. Ore 9:30 partenza, cercando di rintracciare un negozio di fruttivendolo, ma inutilmente, dovrò salire sulle rampe odierne senza l'aiuto delle banane.










12 km per arrivare a Chiavari con due salite, la prima porta 100 metri di altitudine per scendere a Zoagli e poi ancora su, a più di 180 metri di altitudine, la seconda per raggiungere Chiavari. Molto impegnative tutte e due con pendenze sul 7 percento. Si passa per Chiavari, poi Lavagna e infine Sestri Levante. Questo risulta essere l'unico tratto pianeggiante della giornata. Bisogna ammettere che Sestri Levante, è veramente bella e il colore del mare incanta.


Dopo un pezzo in ciclabile, arrivo ai piedi della salita di 16 km del passo del Bracco.  Considerato facile, ma io so che le mie gambe, e i miei polmoni, non sono molto potenti. Però ci provo, se non c'è la faccio, spingo. La partenza è terribile, 4 km al 7 e forse anche 8 percento, comincio a sudare, devo rallentare. Devo trovare il mio passo e soprattutto, fermarmi a riprendere fiato e non aver paura di fare brutta figura. Ed infatti non ho paura, e mi fermo più di qualche volta, bevo acqua e salgo. Ai 4 km un primo scollinamento e si prosegue per un paio di chilometri in falsopiano. Poi riprende a salite sul 5% e verso il decimo chilometro la strada si impenna di nuovo. Comincio a smanettare sul cambio, ma altre marce non ce ne sono. Ho sempre usato la marcia più leggera e posso muovere quella leva finché voglio, rimarrà sempre lì. Arrivo al paese di Bracco  e lì, per fortuna c'è un ristorante. Scendo e sento che devo per forza mangiare, ho bruciato tutto, anche le due vaschette di miele di riserva. Non ci si rende conto quanto si bruci con la bicicletta e soprattutto in salita, nonostante l'abbondante colazione della mattina, ero arrivato molto più in là della riserva. Ordino trofie al pesto e poi una scodella i cantucci favolosi, ovviamente non accompagnati da bevande alcoliche, già sono in crisi, vorrei proprio vedere poi. Dopo più di un'ora di sosta riprendo, sono sicuramente più in me e posso cominciare la parte finale della salita. Salgo in sella e mi accorgo che, i freni che avevo registrato alla mattina, non fanno scorrere bene le ruote, anzi le trattengono. Già faccio fatica, in più anche non ho la scorrevolezza delle ruote, apposto siamo. Fra l'aver mangiato ed essere chiaramente appesantito, e dover affrontare 3 km di quelli veramente tosti, mi fermo due volte per riprendere fiato su 3 km. Il mio Garmin segna quasi costantemente 9%.

Mentre gli ultimi 3 km sono una goduria, non si sale più di tanto, un susseguirsi di curve e contro curve tagliando la costa del monte in un paesaggio mozzafiato con una fioritura che rende le balze piene di colore e finalmente trovo anche una orchidea, la cephalantera rubra, stupenda e al momento, unica orchidea trovata. Arrivo ad una curva con un fortino e dopo qualche metro, iniziando la discesa, capisco che quello era il passo, però non segnato o perlomeno io non ho visto il cartello e mi perdo la la scemografia che avevo in mente! Comincia a scendere. Dopo un chilometro svolta a destra, sulla strada 332 che porta a Levanto e alle Cinque Terre. Qui il traffico diminuisce immediatamente, la strada non è molto larga, ma si viaggia benissimo. Vengo superato da una compagnia di ciclisti che va più veloce di me, ma dopo un centinaio di metri sono tutti fermi in quanto, uno di loro è caduto. Mi fermo anch'io, l'infortunato è sdraiato per terra, lucido e confessa di avere fatto una cavolata. In un tratto in discesa con poca pendenza, scendeva senza mani sul manubrio, la bicicletta per qualche motivo ha toccato il cordolo e lui ha fatto una capriola, cadendo sull'anca. Mi rassicuro, chiedo se hanno bisogno, ma ovviamente sono in tanti e io potrei fare solo confusione. Mi ringraziano e io continuo per la mia strada. Ad un certo punto vengo attratto da una parete di roccia sulla mia sinistra, tutta levigata, probabilmente un tentativo di cava, ora completamente abbandonata e restituita alla natura. La pietra è completamente liscia e levigata per un altezza di una cinquantina di metri. A metà della parete avevo scorto un buco, chiaramente manufatto umano, come fosse un'edicola, con le pietre disposte a creare una volta ad arco. Questo attira la mia attenzione e mi fermo. La domanda chiaramente era come avessero potuto non tanto per costruirla ma per porvi qualche santo o qualche Madonnina. Però la sorpresa non era tanto lì. Affacciandomi oltre la piccola scarpata, mi accorgo che sul fondo della valletta c'è uno stagno pieno di nanuferi gialli, creando una macchia di colore fantastico. Vedo due signori arrivare in bicicletta e li fermo, una cosa così va condivisa. Rimangono senza parole nel vedere una cosa simile e telefonano a casa per farlo saoere. Ma la sorpresa ancora più grande è che nel fare le foto ai fiori, mi accorgo che lo stagno è completamente pieno di tartarughe. Tartarughe d'acqua, probabilmente rilasciate da qualcuno e che ora si erano moltiplicate dentro quel piccolo specchio d'acqua. Riprendo la discesa e mi accorgo che la mia ruota posteriore è decisamente giù di pressione, ma tiene. Scendo estremamente prudente gli ultimi 12 km anche perché voglio gustarmi il panorama. La vegetazione rispetto alla salita è completamente diversa, e anche i profumi della macchia mediterranea si espandono nell'aria. Qui e là, qualche segno di incendio con scheletri di pini marittimi completamente anneriti. La vista sul mare e sui paesini delle Cinque Terre è emozionante. Arrivo a Levanto e prendo alloggio all'hotel Nazionale dove mi mettono la bicicletta in un posto tutto per me. Il Garmin segna 56 chilometri e 980 metri di dislivello. Cena di pesce con tramonto che riempie di fuoco il cielo.








Commenti

  1. Volevo dirti che sono colpita dalla forza di volontà che stai dimostrando.
    Bellissime le foto. E le gambe come stanno?

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  2. Ciao Maria Grazia!!! Le gambe bene, sono le ginocchia che fanno un po' male, ma lo sapevo. Poi I limite dell'età ci sono!!! Però mi sto divertendo come una biscia 🤣🤣🤣💋❤️

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