Quante storie del Carso!






Nel viaggio verso Pirano in Slovenia, avevamo posto come tappa intermedia una visita ad una grotta del Carso. Indecisi tra Postumia e San Canziano, abbiamo optato per quest'ultima in quanto meno turistica e perchè, ecologicamente, ci pareva brutto entrare nelle viscere della terra in trenino. Siamo arrivati giusti in tempo per la visita guidata.













Dal centro visitatori, abbiamo percorso 500 metri in comitiva, sempre in discesa, per raggiungere l'ingresso vero e proprio alle grotte. Una lunga galleria artificiale immette nella grotta del silenzio. Qui stalattiti e stalagmiti in alcune sale, niente di eccezionale e neanche tanto ben valorizzato in verità. La grotta gode, o subisce a seconda dei modi di vedere, di una illuminazione fievole, quasi a riprodurre la luce di lampade al carburo o meglio fiaccole, quasi in un tentativo di dare alla visita l'incantesimo della prima scoperta, senza mai arrivare al sensazionalismo delle luci sparate e colorate viste in altre grotte. L'ingresso nella grotta del rumore è ovviamente accompagnata dal cambio di suoni. Si passa da un mondo dai suoni ovattati, all'inquietante fragore del fiume che scorre sul fondo dell'immenso canyon sotterraneo che si apre davanti alla nostra vista. Ci si affaccia da un balcone dalla parte contraria allo scorrere del fiume, e a stento si comincia a vederne lo scorrere, tra laghetti, cascate e rapide. Siamo, ovviamente in un periodo di magra delle acque ma, durante le piene eccezionali, come quella ricordata sul muro all'inizio della discesa nel canyon alle fine del 1800, l'acqua arriva ad altezze inimmaginabili, questo punto è a circa 80 metri di altezza da dove scorrendo il fiume ora. Penso che, se sapessi nuotare, a poco mi servirebbe. Abituandosi alla luce fioca, si iniziano ad intravvedere particolari curiosi e frutto di tanto lavoro. Le pareti sono percorse da numerosi sentieri scalinati che sono stati costruiti a partire dal 1800 e percorrono tutta la grotta per oltre 12 chilometri, per facilitare le esplorazioni ai loro albori.





Le luci, disegnando un lungo serpente luminoso, seguono tutto il fianco della montagna, accompagnando il percorso del sentiero turistico attuale. Si transita sopra un ponte alto 46 metri, che passa sopra al canale che proseguendo per altri chilometri e transita per la sala più grande con una altezza di 142 metri, oltre 300 metri di lunghezza e quasi 100 in larghezza. (il grattacielo Pirelli 127 m., il duomo di Milano 108).Oggi non visitabile a causa del Covid. Il fiume Reka, che significa fiume in sloveno, si inabissa per effetto dell'erosione, ma anche della corrosione delle rocce calcaree proprio qui a san Canziano. Mi ricordo che già a scuola , si sentiva dire del mistero dei fiumi carsici, in particolare del Timavo, già decantato da Virgilio, che si sapeva che sprofondassero nelle cavità della terra, ma poi non si sapeva dove sbucassero.









Negli ultimi decenni e soprattutto negli ultimi dieci anni, si sono svolte delle ricerche con metodologie più moderne, ma che ancora non hanno svelato tutti i misteri. Seguendo la linea degli abissi conosciuti, gli scienziati e gli speleologi hanno compiuto degli esperimenti, immettendo una sostanza atossica, cosi detta fluorescente, a monte per poi rilevarne, con strumenti adeguati, il transito sul fondo delle cavità a valle. Se guardo lo scorrere del fiume, sotto il precipizio, non va sicuramente piano, è un susseguirsi di salti e cascate, ma pensare che per rilevare il passaggio della sostanza, a pochissimi chilometri di distanza, siano trascorsi 4 giorni e oltre 40 per raggiungere le risorgive del Timavo, ti fa immaginare quale vastità di acqua ci sia in profondità del Carso. Pensate anche che, pochi chilometri prima delle grotte di San Canziano, Il Reka passa per un altro inghiottitoio, che nei periodi di magra, riesce a portar via tutta l'acqua del fiume prima che possa raggiungere san Canziano. L'acqua che scompare qui, opportunamente tracciata con la sostanza, non riaffiora a Duino nelle risorgive del Timavo e non si sa che fine faccia! Vi sono una quantità di misteri ancora da svelare, pensando soprattutto che si sa per certo che l'acqua raggiunge punti nel sottosuolo a -100 metri sotto il livello del mare.





Si risale, con una quantità notevole di scalini, fino ad uscire dove l'acqua entra nella grotta, in prossimità di due doline sprofondate con delle pareti altissime, unite tra loro da un ponte naturale.









Peccato che le restrizioni dovute al Covid abbiano impedito, eccetto la presentazione, una visita guidata degna del nome, pertanto abbiamo dovuto raccogliere queste informazione sui siti speleologici triestini.





















Ovviamente, al ritorno, abbiamo cercato anche le risorgive del Timavo a Duino, circondate anche da perle d'arte e di storia.









Tre laghetti sono le risorgive, ma lì vicino la chiesa di San Giovanni in Tuba con resti anche romani nell'abside, un mosaico e tanti reperti tra i quali alcuni anche di un tempio pagano precedente. Storie di distruzione durante le invasioni barbariche, di salvataggi di reliquie appartenenti a più santi e la costruzione in stile gotico dell'attuale edificio alla fine del 1300. Edificio ricostruito alla fine degli anni 40, dopo essere passato per le distruzioni delle due guerre mondiali. Fa sicuramente specie pensare che qui vi erano le trincee, a qualche centinaio di metri dal mare.

















Ma le sorprese non finiscono qui. Poco lontano, in riva al mare, vi è un sito paleontologico di una importanza incredibile. Scoperto per caso da una giovane studiosa, uno sperone roccioso quasi sulla spiaggia, nel quale è stato ritrovato, nel 1994, il primo dinosauro intero italiano, ma anche d'europa. Adrosauro, 70 milioni di anni, una specie nuova, ma questa scoperta mette in crisi tutto quello che si credeva sul territorio di quegli anni. Infatti si credeva che le nostre pianure fossero coperte da mari caldi, e invece i dinosauri avevano bisogno di pianure vaste per poter vivere. Tutto da rifare direbbe Ginettaccio! Antonio, il nome del dinosauro, 4 metri di lunghezza, non era solo. E' stato rinvenuto anche Bruno, che con i suoi 5 metri e più di lunghezza è il dinosauro più grande d'Italia e anche d'Europa. Antonio è visibile al museo di storia naturale di Trieste, mentre Bruno è in fase di restauro. Di sicuro la cava darà altre sorprese, si pensa ci siano una decina di dinosauri ancora da estrarre, non si sa se completi o meno come i primi due. Però questo interessantissimo luogo, è visitabile solo di domenica. Abbiamo talmente tanti tesori nel nostro paese, ma non abbiamo le capacità di gestirli. Un sito così, in qualche altro paese del mondo, avrebbe innescato una corsa al parco naturale, con centro visitatori ed altro. Qui, una volonterosa cooperativa organizza le visite guidate con giochi di scoperta per i più piccoli, ma chi conosce questo Jurassic park italiano? Chi ha ancora studiato a scuola il Timavo e il suo mistero con le caratteristiche del Carso? Non credo molti. Sto scoprendo in questi viaggi, luoghi e fenomeni per la quale conoscenza, devo ringraziare il mio maestro Piero Franceschetti, poeta, pittore, educatore, che ha stimolato la mia sete di conoscenza mantenendomela viva per questi anni in cui, con la "maturità", riesco a scoprire ed apprezzare quello che lui sicuramente avrebbe voluto potessi scoprirlo da giovane, ma non sempre è possibile farlo, per tante ragioni, non ultima quella economica.


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