Camere d'aria 2020. Tappa 11. Mazara del vallo-Selinunte










Undicesimo giorno del nostro viaggio in giro per la Sicilia. A seguito dei cambiamenti effettuati al programma nei giorni scorsi, la tappa in programma ieri, con arrivo a Marsala, sarebbe risultata troppo corta. Pertanto abbiamo deciso di proseguire fino a Mazara del Vallo.













Una scelta fatta un po’ a malincuore, in quanto pensavamo che Marsala fosse nettamente superiore, pensavamo di aver fatto quasi una scelta di ripiego, o per dirla come mia madre “na roba de mexa vigogna”, appunto per identificare una cosa di scarso valore. Nulla di più sbagliato. Il sole non è ancora sorto e come al solito, mi alzo e vado a farmi il mio giro per la città. Lo stupore, la sorpresa in quello che sto vedendo e vivendo è grande. Mazara del Vallo, come la conosciamo tutti, è il porto ultimo verso l’Africa in Sicilia, con una grossa flotta di pescherecci che a volte vengono sequestrati dalle motovedetta Libiche,  questa è Mazara per noi del nord. Invece Mazara del Vallo è un crogiolo di culture diverse, un esempio di accoglienza, ed una straordinaria città d’arte antica e moderna.

















Vado alla ricerca della porta del Vallo e quando la trovo, mi accorgo che la scalinata di accesso, nella battuta dello scalino, è tutta tappezzata di maioliche, non dipinte a macchina, ma completamente fatte a mano. Ma tutta la città è letteralmente tappezzata di Maioliche, mai una uguale all’altra, e la maggior parte sono di ispirazione moderna o con richiami a simboli tribali. Per chi ha visto Porto o Lisbona, con i loro azulejos, Mazara del Vallo, a mio avviso, è nettamente superiore per fantasia, colore, significati, umanità, evidente espressione della solarità della gente, contro un monocromatismo forse riflesso dell’anima triste del Portogallo. Poi questa è una mia interpretazione, un mio impatto emozionale, ma se doveste capitare da queste parti, in questa città forse dimenticata, potreste ricredervi ed essere d’accordo con me.













La “via del pensiero dei bambini”, è costellata di maioliche riportanti frasi dei bambini di Mazara, una sorta di tazebao dei bambini, per far riflettere i grandi, il tutto intervallato da altre opere d’arte sulla pace e sull’amore. Peccato che, la mattina alle 7, non siano aperti i musei e ormai neanche le chiese. Il calo di fedeli e preti, ha portato alla chiusura di alcune chiese che qui, come in ogni centro storico italiano, sono tante.









Fra i musei, che mi dispiace non poter visitare, c’è quello del Satiro danzante. Una statua in bronzo di greca, per alcuni di Prassitele, rinvenuta in fondo al mare perché si era impigliata nelle reti di un peschereccio. Qualcuno l’ha definita superiore anche ai Bronzi di Riace per la sua plasticità e l’espressione del viso anche se, purtroppo, mutilata dal tanto tempo passato sotto il mare e anche nel recupero.









La kasbah è un dedalo di viuzze colorate. Certo c’è anche il degrado, ci sono anche le case distrutte. Però bisogna considerare le condizioni sociali attuali del luogo e la vastità dell’opera di risanamento che occorrerebbe, forse non affrontabile attualmente. Ritorno in hotel e faccio colazione. Chiedo a Cristina una mezz’ora di ulteriore giro per la città, in quanto manca la perla assoluta che avevo visto sui vari siti relativi a Mazara.









Essendo oggi il 4 ottobre, San Francesco, sicuramente la chiesa di San Francesco dovrebbe essere aperta. Mi precipito in centro, ovviamente in bicicletta e riesco, anche se è appena iniziata la messa, a fare alcune foto senza disturbare all’interno della Chiesa. Un tripudio del Barocco siciliano, che però necessiterebbe di qualche intervento di restauro per poter tramandare la sua bellezza ai nostri figli. Il soffitto presenta delle macchie giallastre sugli affreschi, chiaro segno di infiltrazioni. Alcuni hanno paragonato questa chiesa alla bellezza del duomo di Monreale. Certo che le sorprese sono state molte di queste città e la consiglio caldamente di inserirla nei vostri tour.









Riprendiamo il viaggio e cominciamo a pedalare. Verso Selinunte tutto lungo il mare fino a, Torretta Granitola. Qui prendiamo verso l’interno, fino ad una deviazione che ci porta sulla strada per Selinunte.









È una strada bellissima, con piccoli saliscendi, ma all’interno di un paesaggio verde costellato di vigneti e di uliveti. Le olive sono mature e grosse e in alcuni poderi le stanno raccogliendo. Incontriamo file di ragazzi africani che camminano lungo la strada, o fanno la spesa nei supermercati aperti.









Arriviamo a Selinunte e subito ci rendiamo conto che sarebbe impossibile visitare il parco archeologico senza perdere minimo un paio d’ore. Decidiamo di chiudere qui la giornata e di trovare un hotel a Selinunte. Domani la tappa sarà un po’ più lunga, ma essendo domani lunedì, qualsiasi possibilità di visite ad altri musei o siti archeologici, sarà impossibile.









Troviamo l’hotel in riva al mare, niente di particolare ma va bene così, e ci rechiamo all’ingresso dell’area archeologica. Il sito è enorme, però dalla fine di settembre, è scattato l’allarme incendi per cui, una grossissima fetta del parco non è visitabile, peccato! Per fortuna, il classico tempio più fotografato è accessibile e anche sono accessibili le rovine dei templi vicini con il museo









Quello che non è visitabile è il tempio C, che è proprio sul promontorio in riva al mare. Pazienza, meglio non correre pericoli.  Finito la visita al sito archeologico, attraverso la spiaggia tento di raggiungere un punto che mi possa permettere di scattare alcune foto al tempio C. Arrivo alla fine della spiaggia, dove sotto un improvvisato capanno di pali e teli, dei ragazzi suonano la chitarra.









La collina su cui sorge e le mura su cui poggia il tempio, mi impediscono di vederlo. Noto però sulla spiaggia, proprio sotto il tempio, grosse pietre squadrate sparse, evidente segno di crolli di mura o di altri edifici e si sono sfracellati nella spiaggia e nel mare sottostante.













Al rientro in hotel ci accorgiamo  che, dal balcone, anche se un po’ di lato, vediamo il colonnato di questo tempio. Adesso sono qui sul terrazzo, con il rumore del mare, che dopo 3 giorni di burrasca sta tentando di calmarsi, una orchestra blues jazz che dal bar di sotto manda note alla Blues Brothers e il tempio davanti a me, lontano circa un 400 metri, forse meno, illuminato da un  faro, dopo che il sole è calato proprio dietro di lui. Oggi solo 36 chilometri e 153 metri di dislivello.









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Qui il link al file GPS https://drive.google.com/file/d/1XKWVWliZdlIhk1_8K2Gb1r2V1N9w9v_b/view?usp=sharing


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